lunedì 8 agosto 2011

Le parole sono importanti

Nella fresca non-estate varesotta, imprigionata tra le mura di casa dato che piove ed è impossibile trovare qualcosa di sensato da fare fuori il 7 di agosto, di domenica, mi dedico a una veloce rassegna-stampa online.

Ora, è vero che è il 7 di agosto, ma insomma mi aspetterei di leggere sul corriere della sera qualcosa di meglio rispetto alle notizie che posso trovare sui vari city, metro, and so on. Tra i titoli di oggi non riesco proprio a non notare “Strappa il velo a due islamiche: «Mi fate paura»”.
ANCORA?!?!?!
Ma solo a me leggendo questo titolo, e il testo che segue, viene un attacco di dermatite atopica?
Dunque, da dove comincio?



Le parole sono importanti. “Strappa il velo a due islamiche”.

. Musulmano vs Islamico
Come già fatto notare da Marghe, ma repetita iuvant (giusto qualche settimana fa ne parlavo con un amico), i due termini hanno connotazioni decisamente diverse: il termine musulmano indica la persona che crede nell'Islam, in arabo muslim, termine che può essere usato anche come aggettivo. Islamico invece, originariamente solo un aggettivo (ad es.i valori islamici), "per l'insistente uso proposto in questo senso dai mass media, ha cominciato ad acquisire anche un valore sostantivale, indicando in maniera convenzionale gli appartenenti ai movimenti 'fondamentalisti', più o meno militanti (ad esempio gli islamici di al-Qāʿida, o gli appartenenti ai gruppi del jihad islamico)". Ho citato testualmente Wikipedia.

Sottigliezze linguistiche?
Qualcuno lo crede veramente?
Io penso a Foucault. Penso che i discorsi non siano sistemi di segni che rimandano ad altro, ma “pratiche che formano sistematicamente gli oggetti di cui parlano”, che si inseriscono in una trama di rapporti di potere che costituisce il substrato di ogni società. Penso che se un giornalista professionista usa il termine islamico al posto del termine musulmano un motivo c'è, ed è ben chiaro, e a me fa venire la nausea.
A voi no?

Nell'articolo si dice che le due 'islamiche' portavano il Niqab. Lo vorrei vedere, perché la nozione di Niqab così come è percepita dall'italiano medio è piuttosto labile e confusa. Ammettiamo che si trattasse di quel tipo di velo. Per quale motivo ci fa così paura? Vi prego: SPIEGATEMELO.

Il velo è un simbolo.
Leila Ahmed sostiene che la narrazione del velo come simbolo dell'oppressione, così come la contronarrazione, che lo considera simbolo di resistenza, siano percezioni errate che si basano sulle premesse del discorso coloniale occidentale, rafforzandolo. Sono d'accordo.
Prendiamo atto che nel mondo musulmano, così come nella diaspora, le donne religiose indossano spesso il velo come simbolo di una modernità che esse vedono come alternativa a quella occidentale. Il velo come simbolo di modernità. Prima di 'strapparlo' cerchiamo di capirci qualcosa di più?

Come si fa nel 2011 a continuare a cavalcare l'onda della lotta all'oppressione della donna nei 'sottosviluppati' paesi islamici, simboleggiata dal velo? Aboliamo il velo, liberiamo la donna. Lo diceva Qasim Amin, che però è morto nel 1908 (e poi a dire il vero faceva un discorso un po' più complesso...).
Voglio dire, signora Souad Sbai, ma ci crede veramente che IL VELO possa rappresentare un problema oggi per una donna marocchina a caso? o egiziana, o tunisina?

> "Nella mia associazione non faccio che accogliere donne che sentono come una violenza l'obbligo di portarlo, ragazze che vivono l'inferno, chiuse in gabbia"
la gabbia sarebbe il velo? ma perché si banalizza sempre tutto?
oppure:
>"Queste donne con il niqab non hanno nessuna colpa, sono costrette".
Cioè diamo per scontato che siano delle povere dementi senza alcun potere decisionale.
Ma per favore!

Ma perché siamo costretti a sopportare la solita dose di intolleranza anacronistica che ci somministrano a tradimento, una domenica di agosto, i nostri media?

Perché si riportano queste cavolate con tutte le cose importanti che stanno avvenendo nel mondo adesso?
Ad esempio perché non si dice quello che stanno facendo le DONNE SIRIANE? Vi assicuro: anche quelle col niqab!

Donne manifestano per le strade di Damasco / rivoluzione in Siria.

Non so, io sono un po' stufa. Vado a prendermi un antistaminico.

2 commenti:

Mammamsterdam ha detto...

Ad Amsterdam 15 anni fa circa la mia amica Daniela mi disse di aver voltato le spalle a una donna in velo integrale e occhiali da sole che le aveva chiesto una cosa al supermercato, perchè le aveva fatto un' impressione enorme e non era riuscita a parlarle se non le vedeva neanche gli occhi. Io al momento mi dissi: la solita esagerata emotiva, lei è così e chiuso il discorso. Fino a un paio di anni dopo in cui le due signore velate e occhialate me le sono ritrovata io per strada, e hai voglia a razionalizzare ti giri e vedi due specie di Darth Vader alle tue spalle, una botta di coccolone ti viene. Il che non mi porta a tentare di strapparglielo. Certo, ci posso rimuginare per mesi, perchè mi ha fatto impresione. Certo, farei fatica ad attacarci discorso alla fermata dell' autobus se posso farne a meno perchè nel mio sistema di valori coprirsi così significa volersti estraniare dal mondo e non gradire contatti con gli altri. Ma questo è il mio sistema.

Però ad Amsterdam non mi da fastidio il velo in se (tranne quando lo vedo addosso a ragazzine di 6 anni, ma anche lì, ognuno con i propri figli fa le scelte che crede e poi ne avrò viste un paio in 15 anni, non fa testo) finchè di una donna riesco a vedere la faccia.

Su tutta una serie di discussioni già avvenute qui, mi ritrovo in parte con quella in cui si chiede ai giudici di non indossarlo per via della propria neutralità. Non è il velo, ai giudici si chiede di non indossare croci, stelle di davide, zucchetti e cose varie, solo la toga e il cravattino, tutti uguali davanti alla legge che devono amministrare, ed è un ragionamento in cui mi ritrovo benissimo.

Tutto il resto, sinceramente, sono dibattiti strumentalizzati, perchè spiegatemi quante donne in Olanda, o in Francia o in Italia portano la niqaab e vediamo che stiamo parlando del nulla. IO parlerei invece di cose serie. E da adolescente parzialmente straniera e estremamente timida in Abruzzo qualche decennio fa, se avesse fatto parte del mio vissuto, io il velo come statement e per sentirmi più libera di girare senza essere guardata, me lo sarei messa di corsa pure io.

L' accettazione dell' altro è un processo che fubnziona solo in due sensi e non a senso unico, ma partiamo dal presupposto che un migrante ha già comunque la vita molto più difficile dello stanziale e cominicamo a farlo noi stanziali il primo gesto, che non è quello di strappare il velo a nessuno.

meg ha detto...

anche a me è venuto un colpo una sera ad Alessandria (EG) quando girando l'angolo quasi di corsa sono letteralmente andata a sbattere addosso a due signore belle piazzate ricoperte da niqab.
anche a me il niqab, e quello che rappresenta, NON piace.
come dici tu però io rispetto le scelte degli altri, la libertà degli altri, e soprattutto non uso la VIOLENZA come unico strumento per relazionarmi al prossimo. quando mi si vuole imporre questo modello di comportamento lo rifiuto fermamente.
grazie mammamsterdam, le tue osservazioni sono un ulteriore utile spunto di riflessione.

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